Pagine

Print Friendly and PDF

mercoledì 1 febbraio 2023

Incontri con personaggi letterari in giro per la città

Tacconi in libreria

TUTTI RACCOLTI IN UN LIBRO

“50 SFUMATURE DI MILANO”

 

L’autore, Giorgio Tacconi, è un maestro nel ricostruire luoghi e nel descrivere efficacemente le figure che più lo colpiscono

Professionalmente si occupa di comunicazione e di progetti editoriali.

Vive a Milano. 

 

Copertina del libro

 

 

 

 

 

Franco Presicci 

Renato Olivieri
Un giorno vorrei incontrare preferibilmente in Galleria Vittorio Emanuele il commissario Ambrosio di Renato Oliveri. L’ho seguito in tutte le indagini, a cominciare da “Il caso Kodra”, e mi ha sempre avvinto. Uomo arguto, colto, sobrio, amante della musica, delle opere artigianali, dell’arte, come il suo creatore, che in gioventù dipingeva e poi negli anni diresse una lunga serie di riviste, “Arte”, “Antiquariato”, “Mille Libri”, “Grazia”, “Intimità”, collaborando al “Il Corriere della Sera. Mi era entrato nel cuore, il commissario Ambrosio, come il maresciallo Binda di Piero Colaprico”. Lo amavo così tanto, questo segugio che fiutava in una Milano poco tranquilla, che, non riuscendo ad incrociarlo, una sera dell’87 lo costrinsi ad intervenire a una serata organizzata tutta per lui: “Un commissario di carta fra poliziotti veri”. Questa l’etichetta dell’iniziativa.

Il terzo a destra il procuratore generale Beria di Argentine

E tutti risposero all’invito: giornalisti della carta stampata, delle televisioni, il sindaco, il procuratore generale della Repubblica Beria di Argentine, i magistrati Francesco Di Maggio e Pier Camillo Davigo, alti ufficiali dei carabinieri, della Finanza, cinque questori venuti da fuori (Mario Jovine da Roma, Vito Plantone da Livorno, Putomatti da Cuneo, Antonio Pagnozzi da Parma, il questore di Milano Umberto Catalano… Una serata indimenticabile, commentarono i miei colleghi Alberto Berticelli, avaro di elogi, Filippo Abbiati... Di Ambrosio sgomitolò la storia Guido Gerosa, mentre Arnaldo Giuliani, capo cronista del “Corsera” cresciuto alla scuola di Franco Di Bella, si divertì a intervistare tutti i poliziotti presenti, compreso il questore in pensione Enzo Caracciolo, che negli anni ’70 aveva diretto la Squadra Mobile, e di ricordi nel cassetto della memoria ne aveva.

Enzo Caracciolo, Rabiti della Dia, Arnaldo Giuliani

Ambrosio uscì dalla sala verosimilmente soddisfatto, sia per la medaglia che Catalano aveva consegnato a suo “padre” sia per la rosa rossa consegnata alle signore e il segnalibro d’argento ai signori. Quella sera conobbi meglio, Ambrosio, che, riservato com’era, sgattaiolò verso l’uscita poco prima del momento dei saluti. Me lo riferì un poliziotto vero, che, sapendo della mia amicizia con Olivieri, mi chiese di fargli dire in un’intervista che Ambrosio somigliasse a lui. Sono tornato a quella serata - alla quale Pietro Giorgianni, direttore de “La Notte”, dedicò un lungo articolo accompagnato da una foto in piena pagina - leggendo con molto piacere il libro di Giorgio Tacconi.

Serata per Ambrosio

 

Un bel libro: “50 sfumature di Milano-incontri con personaggi letterari in giro per la città”, brillantemente presentato da Antonio Di Bella. I suoi personaggi Tacconi li incontra per strada, in una biblioteca, in una piazza; e oltre a riferire i dialoghi, succosi, con domande appropriate e risposte circostanziate, e la descrizione dei luoghi in cui sono avvenuti, ricostruisce scrupolosamente le biografie. Don Ferrante, “l’erudito scansafatiche”, che “vive nella prima metà del XVII secolo a Milano con la moglie, Donna Prassede, e cinque figlie, lo becca nella Biblioteca Ambrosiana, fra cataste di carte e scaffali affollati di libri, milioni di parole non avrebbe saputo immaginare un luogo più adatto dell’Ambrosiana per incontrare Don Ferrante – parole sue - non solo per la ricchezza del sapere che nei secoli vi è stato raccolto, ma anche per il mezzo milione circa tra volumi, opuscoli, incunaboli ecc. tra cui tesori come il Codice Atlantico di Leonardo, e per essere stata fondata dal suo celebre contemporaneo, il cardinal Federigo Borromeo, che la volle e ideò ed eresse con tanto dispendio per fornirla di libri e manoscritti….
“La riverisco, Don Ferrante”. E inizia la conversazione con il personaggio, che ha in mano “Il Dialogo di Galileo”. L’appuntamento con Pietro Binda è in piazza Filangieri 2, davanti al portone della Casa Circondariale di San Vittore. “Gli ho proposto questo luogo perché vorrei sapere dell’esperienza più forte della sua carriera di carabiniere, quella che ha conferito alla sua coscienza di uomo e di milite dell’Arma una visione più ampia e un sentimento più profondo. “Essere stato sia pur per pochi giorni dall’altra parte della barricata, ha modificato la sua idea di giustizia e di umanità? due concetti che spesso non si incontrano come dovrebbero”.

Piero Colaprico

Il maresciallo naviga in un libro di Piero Colaprico e Pietro Valpreda, che lo… hanno mandato in cella per adempiere ad obblighi professionali. E indagando per individuare un assassino, nota le condizioni dei detenuti, soffocati dal sovraffollamento (allora 1800 in un complesso che può accoglierne 850), la sofferenza per la lontananza dalle famiglie, i regolamenti, la scarsità degli affetti… Ogni capitolo un personaggio. Raffaele Gallo, emerso dal volume dell’85 di Carlo Castellaneta (costituì l’argomento di una conversazione condotta da Enzo Catania a Telelombardia), lo incrocia un gelido mattino di gennaio in corso Buenos Ayres, compreso nella zona in cui si spande il dominio del “don”. Nato a Napoli da un elemento della vecchia camorra e da una donna che fatica in una tintoria, da ragazzo arruolato dal mondo del crimine, poi soggiorno obbligato a Trezzano, domicilio in una pensione di piazza Argentina a Milano al termine del provvedimento, veste elegante, ha la peggio in un regolamento di conti all’aeroporto di Linate, dove sta per prendere un volo. E dopo queste pennellate sul personaggio di Castellaneta Tacconi ne aggiunge altre per il corso: tre chilometri di vetrine, 300 negozi, 80 mila passanti ogni giorno, con le vie vicine e alloggi intestate a città sudamericane, quasi un omaggio alla capitale adagiata sulla riva destra del Rio de la Plata.

Il Duomo

Il semaforo segna il rosso e Gallo aspetta il via, mentre il bravissimo Tacconi, che è già al suo fianco, senza preamboli gli chiede se gradisce un caffè. E andando verso il bar gli domanda a bruciapelo: “Ditemi, don Rafè, cos’è che vi fa amare così tanto Milano, voi che venite dalla città più bella del mondo?”. “Eh, Napoli è il passato, amarezze che mi sono lasciato alle spalle. Milano la amo perché ho dovuto conquistarla, mi si è data poco per volta, come una femmina restia che alla fine ha premiato la mia tenacia. Questa severità, questo grigiore sono fatti apposta per esaltare la fantasia dei meridionali… Non c’è al mondo una città dove vivrei ugualmente bene, dove ci si può mimetizzare o fare spicco, scomparire o emergere secondo il capriccio della fortuna, dove puoi guadagnare anche stando nascosto in un angolo, perché fuori tutto funziona sempre, Milano gira come un motore instancabile, senza perdere un colpo”. Rimasta orfana di madre, Ninetta, va a vivere con la zia, compagna di un drudo garzone di pasticceria, che l’asseconda nei frequenti giri delle osterie, dove sbevazza e svolazza. Ninetta si scambia bacetti e carezze con il figlio del garzone, Peppo, e al mattino va al Verziere per dare una mano al banco del pesce. Dopo qualche anno le “avances” di Peppo si fanno più spinte, ma lei si nega, lo ferma a metà strada. Alla fine, cede. La zia muore e lei va in casa del parroco, ma si annoia, mentre Peppo sfarfalleggia e la spreme sempre più fino a ridurla in miseria. Ninetta sceglie vie traverse, di notti pericolose, sempre più incalzata da quella sanguisuga. 

Paolo Giacovelli, Tacconi, Lemoci, Anna Mazza

L’autore ripercorre la vita della giovane, pensando a Carlo Porta, che scriveva mentre svolgeva il compito di cassiere presso l’Intendenza di Finanza. Tacconi continua infilandosi nella vita del Verziere, che ha tre centri: li “si scarica, si sciorina e si fa lo spaccio all’ingrosso della verdura; lì il Verziere propriamente detto, dove si vende frutta e verdura al dettaglio; la piazza di Santo Stefano, dove c’è lo spaccio delle carni, della selvaggina quadrupede…”. Uno spettacolo di voci, colori, strilli, fra bestemmie e imprecazioni audaci in vernacolo più che negli altri mercati messi insieme. Una descrizione variopinta dell’ambiente. E’ in questo posto che Tacconi incontra la Ninetta, impegnata a glorificare in dialetto la sua merce e, tra un urlo e l’altro, ripercorre come in un confessionale la sua vita sfortunata con l’interlocutore ansioso di notizie.

Il direttore del Giorno Rizzi, Gerosa, Giuliani
 
 
 
 
Per consolarla lui acquista un paio di trote. Lei le incarta, prende i soldi, lui se ne va amareggiato. Tacconi pesca nelle acque di Giovanni Arpino, Cletto Arrighi (soprannome con il quale Carlo Righetti firmava i suoi testi teatrali, tra cui “El barchett de Boffalora”), Riccardo Bacchelli, Luciano Bianciardi, Carlo Porta, Gianni Biondillo, Emilio De Marchi, Giorgio Scerbanenco, Giovanni Testori, Alberto Vigevani, Elio Vittorini… Nelle pagine sulla Ninetta, uno dei capolavori di Carlo Porta, Tacconi adotta un linguaggio spigliato ma efficace, adatto al mercato ortofrutticolo di Porta Tosa. Raccontando tutte queste figure, Tacconi ci fa conoscere strade, piazze, vite quotidiane, ambienti, presenze, caratteristiche, protagonisti di una grande commedia che è la vita. Per esempio, Nanà, figlia di una stiratrice e di un operaio preda dell’alcol, “cresciuta nel sobborgo della Couette d’Or sui marciapiedi di Parigi”, dipinta da Manet come una bella e provocante giovane dalla pelle candida e i riccioli d’oro, mentre si trucca allo specchio…”. Incapace di amare, disdegna gli uomini pur collezionandone molti, ha soldi, corteggiatori, ma si annoia. Nel maggio del 1869 si trova alle Cascine di Firenze, ma una notte approda a Milano, dove desidera un uomo. Torna a Parigi con un principe. Nota di essere sospirata da nove persone diverse, tenta di sedurre un conte, fugge nella capitale francese con un principe, muore in un albergo di vaiolo. L’autore la intercetta nel crocicchio di vicoli che circondano il Bottonuto, uno dei quartieri più squallidi, più fradici della vecchia Milano, che lui ricompone in modo icastico. Ripeto, un libro, edito da Giacovelli, da leggere.





Nessun commento:

Posta un commento