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mercoledì 30 marzo 2016

“Scoop” di Gianpaolo Annese, cronista di ottima stoffa


 

MULTATO IL CELLULARE DEL BARBIERE CON LA VOCE DI DONNA SUMMER

“Chi diffonde musica nel suo locale deve pagare”, ha detto il funzionario della Siae che ha steso il verbale. “Meno male che è rimasto muto il telefonino di mia moglie con la colonna sonora di ‘Un pugno di dollari’”, si è consolato il barbitonsore, parlando con il giornalista che ha snidato e pubblicato la notizia...




Franco Presicci 

Mi domando se nella bottega del barbitonsore don Nonò, che potava tutta la famiglia Cammilleri, per il concertino domenicale con chitarra e mandolino di Pirrotta e Spitaleri, il primo ferroviere e il secondo falegname, si pagassero i diritti d’autore alla Siae, nata a Milano il 23 aprile del 1882. Il famosissimo scrittore, Andrea, classe 1925, di Porto Empedocle, padre del commissario Montalbano, non ne fa cenno (almeno così ricordo), ma probabilmente nessun uccellino cinguettò all’orecchio d’un funzionario, e don Nonò se la passò sempre liscia.
Pagina di un calendarietto con la donna in Grecia
Non è stato così fortunato Giuseppe Laiso, 68 anni, che da una vita maneggia pettine e rasoio a Fiorano, in provincia di Modena.
Ecco il fatto. Una sua assistente aveva lasciato sul tavolo il proprio Smartphone, che all’improvviso, ricevendo una chiamata, l’ha segnalata a suon di musica. Galeotto, cacio sui maccheroni per un ispettore della Siae, che ha steso un verbale specificando il brano: “Love to love you baby” di Donna Summer, cantante americana che per i suoi successi negli anni 70 venne insignita del titolo di “Regina della disco music”. “Meno male – si è consolato più tardi Laiso – che è rimasto muto il telefonino di mia moglie, che avrebbe intonato un pezzo della colonna sonora di Ennio Morricone per ‘Un pugno di dollari’ di Sergio Leone con Clint Eastwood; altrimenti le multe sarebbero state due”.
Le conquiste della tecnica, si sa, a volte hanno i loro aspetti negativi, ma non entro nel merito, anche perché non me ne intendo granché; e tra l’altro penso di non correre questi rischi, dato che il mio apparecchio tascabile ha il verso di un usignolo, che immagino, venendolo a sapere, non pretenderà di essere retribuito. Mi interessa invece il discorso sui cronisti, prendendo ad esempio proprio l’autore di questo “scoop” pubblicato sul “Quotidiano Nazionale” e sul “Resto del Carlino”, simbolo di Bologna, il cui primo numero uscì il 21 marzo del 1885 con l’editoriale di Giulio Padovani. Parlo di Gianpaolo Annese, 40 anni, laureato in Scienze della comunicazione, nato a Mola di Bari, residente a Crispiano, trasferitosi a Modena dopo un eccellente rodaggio professionale nella redazione barese di “Repubblica” e all’Adn Kronos, e l’esperienza di sette anni da direttore di “Polites”. Un cronista di ottima stoffa, che con quest’articolo ha assestato un “buco” a tutta la concorrenza, che ha dovuto riportarlo il giorno successivo.
Giuseppe Laiso
Non solo Gianpaolo ha snidato la notizia, ma l’ha riferita con misura, senza enfasi, controllando ogni particolare, interpellando un rappresentante sindacale; la stessa Siae, secondo la quale il barbiere, che smentisce, aveva il telefonino connesso con un amplificatore…Ha dato al lettore tutte le informazioni che gli possono interessare, elencando, in un pezzo d’appoggio (titolo: “Lo Smartphone è sanzionabile solo se attaccato alle casse o usato come radio”), i locali che devono osservare le regole che disciplinano la materia, dagli studi professionali agli ascensori; oltre agli aggeggi come le segreterie telefoniche.
Dice persino come si corrispondono i compensi per i diritti d’autore per la musica di sottofondo e altro ancora. Un servizio completo, puntuale, scrupoloso.
Enzo Jannacci e Franco Bompieri
La notizia è di quelle che fanno discutere; e infatti da giovedì 25 marzo, giorno in cui è apparso lo “scoop” di Annese, sento gente che lo commenta, chiedendosi se sia giusto prendersi una multa per il trillo del cellulare. Sulla “Lilla”, il serpentone che corre nel ventre di Milano senza conducente, un passeggero diceva a un altro che si era messo al sicuro sostituendo “Bella ciao” con la sveglia dell’orologio; e l’altro: “Toh, io ho cancellato “Va, pensiero….”. Non se ne parla soltanto sui mezzi pubblici, tra l’altro bazzicati da suonatori ambulanti di tromba, chitarra, mandolino, fisarmonica (ed è bene, a mio parere, che si chiuda un occhio, come lo si chiuse anni fa per l’artista che sul metro deliziava con il suo violino e poi acquerellava figure sul pentagramma). La polemica è spuntata anche in un mercato rionale. “E’un peccato colpire sistematicamente i lavoratori, soprattutto in questi tempi difficili…”, esplode una signora bassina, sdogata, con tanto di zucchero filato sul capo, mentre il fruttivendolo infila con rabbia le cime di rapa nel sacchetto.
Il prefetto Francesco Colucci nel salone di Salvatore Seccia, al centro
E da un argomento si passa a un altro, comune denominatore il denaro da sborsare. In un negozio soffiava il lamento di un cliente per le librerie risucchiate dal vortice dei canoni di affitto, come la Partipilo, in viale Tunisia a Milano, la Mandese in via D’Aquino a Taranto, per la quale io stesso su Facebook ho emesso un grido di dolore, e tantissime altre. Ma questa è un’altra faccenda. L’episodio della barbieria di Fiorano, oggetto dello “scoop” di Gianpaolo Annese, mi ha procurato un po’ di amarezza. Anche perché amo questo mestiere, che come quello di calzolaio è un’arte e ha una bella storia. Amo l’ambiente in cui viene esercitato e gli arredi, gli utensili: dalla poltrona girevole all’affilarasoi, al bacino, allo spruzzatore, alla tazza per la saponatura… Nel piccolo regno del mio amico mantovano Franco Bompieri, barbitonsore e scrittore, sono esposti in una vetrinetta; e quando vado a trovarlo, in via Morone, a Milano, a due passi dalla casa di don Lisander (il Manzoni, intendo) li osservo e penso a Massimo Alberini, esperto del settore e di circhi, che avrebbe dovuto inserirli nel suo “Collezionismo minore” tra cavatappi, pipe, treni…
Ogni volta Franco tenta di distrarmi proponendomi di dare una regolata alla mia chioma; ma non mi sottopongo al procedimento perché troppo importanti sono quelli che lui e i suoi collaboratori prendono per i capelli. Qualche nome? Cesare Romiti, Marco Tronchetti Provera, Enzo Bettiza…Oggi; e ieri? Su quelle poltrone si sono seduti Adriano Olivetti, Indro Montanelli, Luchino Visconti, Enrico Cuccia, Giorgio Strehler, Paolo Grassi, Marcello Mastroianni…
Pagine di un calendarietto dei barbieri con la bottega nel Settecento
Quello di Bompieri è un salotto, e lo è la barbieria di un altro mio amico, Salvatore Seccia, orgogliosamente di San Ferdinando di Puglia, che ha fra tanti noti clienti Maldini e in passato ha depilato personaggi come Ivanhoe Fraizzoli e Nicolò Carosio, il radiocronista popolarissimo dagli anni 30 al dopoguerra, un buontempone, che da pensionato, seduto a un tavolo del bar (da anni scomparso) di Galleria Unione, quasi sotto il Duomo e, tenendo in mano un bicchiere di whisky, esortava i passanti a farsi sforbiciare da Salvatore, che svolgeva l’attività di fronte. Come in tutti i salotti, in questi “atelier” si chiacchiera, si discute, ci si racconta, si scherza, ci si rilassa, addirittura si stringono amicizie. Era così nella Grecia antica e nella Roma dei Cesari, dove soprattutto Nerone aveva gran cura della sua capigliatura; e Augusto, nell’attesa di essere servito, leggeva e scriveva.E siccome sono ormai uscito dai binari, posso riandare con il pensiero alla barberia che frequentavo da ragazzo, il cui titolare veniva indicato con un soprannome (“Puperùsse”), dovuto alla forma del suo naso. Ci entravo con un compagno di giochi a cui piaceva suonare l’organetto a bocca, acquistato in una festa di paese. La moglie del titolare, che di solito cicalava, sollecitava il ragazzo ad esibirsi, e quello eseguiva. Una sera il marito, rapito dal suonatore, mi fece sanguinare un orecchio. Era uomo fortunato: non incappò mai nei rigori della legge per aver consentito la diffusione della musica nel suo salone. E a Natale fischiava e canticchiava quando regalava ai clienti quei bellissimi calendarietti profumati, detti dei barbieri, che molti ricordano ancora con nostalgia. E avrei concluso così, se alla notizia non fosse spuntata la coda: la Siae ha ribadito la propria versione, che non trova riscontro nel verbale, e da parte sua il barbiere replica che non è vera. Comunque fino ad oggi la multa non è arrivata, forse perchè l’ente ha fatto marcia indietro.
                                                                                   

8 commenti:

  1. Bravo Presicci, che ha commentato la notizia con ironia e l'ha arricchita con riferimenti storici e con ricordi personali,facendo tornare in molti di noi la memoria di oggetti, profumi e sincerità di relazioni interpersonali del nostro Belpaese.
    Complimenti a Gianpaolo che, con stile ed eleganza, ha portato alla ribalta della cronaca nazionale un episodio di eccessivo zelo burocratico, di cui spesso siamo vittime inconsapevoli. Silvia

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  2. Ciao Franco, grazie per la puntuale e divertente ricostruzione, speriamo di rivederci presto. Gianpaolo

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