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mercoledì 29 giugno 2022

Quanti treni viaggiano su Facebook

Dal finestrino del treno da Milano
PANORAMI AMMIREVOLI

SCHEGGIANO DAL FINESTRINO

D’UN “FRECCIAROSSA”

Se si ha voglia di viaggiare e non si

può lo si fa nella propria stanza,

premendo un pulsante. 

Basta un po’ di fantasia e di

esperienza, e si parte verso

qualunque destinazione.


Franco Presicci

Passaggio a livello a Martina
Treni che passione! Aspettarne uno, sedersi in uno scompartimento vicino al finestrino per ammirare paesaggi, architetture rustiche, rogge, case, casupole, lunghe code bloccate a un passaggio a livello, agglomerati urbani con tetti a capanna, terreni coltivati, contadini al lavoro e il fischio della locomotiva prossima a una stazione sono una grande emozione. Già quando entro nella stazione di Milano e vado verso il marciapiedi, dove è in sosta il mio treno per il Sud, provo dentro di me una gioia, che non confesso a nessuno per timore di essere giudicato infantile. Poi ho scoperto che è una moltitudine la gente che ama il treno. E fa collezioni di vagoni, locomotori, rotaie, stazioni, marmotte... Molti realizzano plastici a due, tre piani, con scambi, gallerie, quattro, cinque binari, da cui partono contemporaneamente più macchine con la loro coda di carrozze. Sono ingegnosi, pazienti, esperti, questi costruttori d ferrovie in miniatura, che realizzano anche video attraenti. Starei a guardarli per ore, questi percorsi che riproducono gli ambienti con una capacità che rasenta la genialità.

I miei treni

Ne vedo tanti su Facebook: treni con macchine di ogni tipo, una più bella dell’altra, persino la Frecciarossa, che mi è capitato tante volte di veder correr viaggiando in auto sull’autostrada Milano-Bologna. Che linea, ha questo treno ad alta velocità! Elegante, simile alla fusoliera di un aereo, il muso da delfino.

Treno Martina-Crispiano
Se c’è una piazzuola riservata alla sosta, mi fermo, se faccio in tempo, ad ammirarla. Qualcuno ha scritto che tutti, dai marmocchi ai padri, ai nonni, sono catturati dalla magia delle ferrovie, anchedi quelle in miniatura. Nessun mezzo di trasporto ha esercitato tanta influenza sulla fantasia quanto il treno. Chi fa un plastico, è orgoglioso della sua opera equando preme il pulsante per mettere in movimento i convogli si sente un po’ come un capostazione, e magari indossa il cappello rosso e aziona il congegno che riproduce il fischio della macchina. A Milano- riferiva Massimo Alberini –un signore,tra l’altro già esperto di circo,aveva praticato dei fori sotto la parete di ogni stanza per consentire alle sue locomotive di girare in tutta l’abitazione. Sin dove può arrivare una passione! C’è chi impiega due o tre anni per perfezionare il suo plastico su una plancia di compensato.

Treno ripreso da Messia tantissimi anni fa

“Tantissimi anni fa – mi racconta un conoscente -feci un plastico, di cui conservo ancora scambi, rotaie, locomotive, vagoni, e anche la Littorina. Ma il mio non aveva niente a che vedere con i gioielli che vedo nei video che si susseguono su Facebook, dove c’è addirittura un gruppo di appassionati che invita gli interessati ad iscriversi. Molti di questi costruttori di sogni si associano, forse si scambiano idee o realizzano una strada ferrata insieme. Tempo fa andai ad intervistare un professionista che custodivauna nutrita serie di treni. Tutta un’abitazione per locomotori, convogli, materiale ferroviario…E parlava di treni con la competenza di un addetto al settore. In un paese vicino a Milano incontrai nel suo laboratorio un signore che costruiva locomotori su scala. Impiegava anche un anno e più per completare il suo lavoro, il cui risultato era perfetto e affascinante. Nel gennaio del 2008 un amico mi indicò un collezionista di treni eseguiti da lui stesso.

 

Roberto Trionfini

Si chiamava Roberto Trionfini. Gli telefonai e mi dette appuntamento in casa sua per il giorno dopo. Aveva 72anni, era alto, un bel paio di baffi alla Francesco Giuseppe, l’atteggiamento severo. Non incline a lunghi discorsi, ma se affrontava questo argomento non lo fermava nessuno. I suoi treni erano ben in vista su uno scaffale, ben protetti per evitare il danno della polvere e altri su un tavolo. E altri ancora in capienti scatole di cartone. Infilò i guanti,per non lasciare impronte, prese alcuni esemplari e li sottopose alla mia attenzione, spiegandomi i dettagli. La sua collezione comprendeva modellini italiani, svizzeri, austriaci e una motrice Reno della Virginia & Truckee” ricavata da una fotopubblicataa corredo di un articolo sul Far West sulla rivista “Life”. “L’ho fatta negli anni ’50, in legno, alluminio e cartoncino. Trionfini era stato tagliatore grafico in una tipografia; e non avendo molti soldi a disposizione, incontrava difficoltà a nutrire la sua passione, acquistando locomotori della Lima o della Rivarossi, che hanno alimentato le chimere di tanti ragazzini, oltre che di tanti papà. Così dette il via al ”fai da te”. Le sueprime opere risalivano al 1989, in occasione dei 150 anni delle Ferrovie italiane: una Bayard del 1839, che percorreva la tratta Napoli-Granatello di Portici, anticipando di una anno la Milano-Monza, a cui seguì la Milano-Treviglio. Mi mostrò poi una locomotiva a vapore E 3/3 in servizio turistico nella Val Moira, due di quelle che circolavano nella Repubblica Democratica Tedesca; una A 3/5 delle ferrovie del Giura svizzero, “inaugurata prima che le ferrovie diventassero federali; e un esemplare della trancia Verese-Luino.

Logo del treno storico

“Con l’età della pensione mi è venuta l’idea di confezionare locomotive in cartoncino nero, partendo da una foto. “Effettuo il disegno delle varie parti e le assemblo rigorosamente in scala. Non sono quindi soltanto un piccolo collezionista. Il mio è un ‘hobby’ meraviglioso”. Gli riempiva le giornate, anche perché leggeva molto sulla storia dei trasporti, sulle caratteristiche di una motrice, su questa o quella compagnia ferroviaria. 

Ed era un piacere sentirlo parlare del rapido tedesco “Rheinpfeil” con cupola belvedere; o del “Mistral”, che viaggiava tra Parigi e Lione; dei ponti girevoli che consentivano alle locomotive a vapore di entrare in rimessa; dell’automotrice Fiat diesel ALN e del18.616, che partiva da Stamberg diretto a Monaco, attaccato al tender mediante un gancio corto che garantiva la distanza ridotta anche nelle curve. 

Jazz sul treno treno (foto di Lepore)
In casa Trionfini non aveva più spazio per i trenini, che per lui erano gioielli da tenere con molta cura. “Non si diverte mai a metterli in movimento?”. “Le ho fatte girare anche per necessità, per evitare che stando ferme si ossidassero gli ingranaggi”. Trionfni ha collaborato alla realizzazione del plastico dell’Afi, Amici ferrovia Italia, otto metri per due, iniziato nel ’92 e terminato l’anno dopo: rappresentava una linea italiana fra mare e monti, come quella da Milano a Taranto, passando per San Benedetto del Tronto. “La mia passione per le strade ferrate è forte, ma devo accontentarmi dei modelli più rappresentativi”. “Fa qualche volta un salto nella stazione Centrale a Milano, a vedere il movimento dei treni? “Certo. Quando è caduto il muro di Berlino sonoandato con mio figlio Stefano, che ho contagiato, a visitare le ferrovie a scartamento ridotto di Dresda e dintorni, oggi ridimensionate”. E sempre con suo figlio partecipava alle manifestazioni organizzate in Sassonia e in Turingia con viaggi da una città all’altra a bordo di convogli trainati da vaporiere storiche. “Le dico di più: quando nevica esco con la macchina fotografica o con la cinepresa per riprenderei treni che corrono nel paesaggio imbiancato”.

L'orchestra del Salento torna a casa di G. Lepore

Mi disse anche che collezionava cartoline con soggetti ferroviari; e che per gli auguri natalizi spediva biglietti con l’immagine di locomotive che sbuffano all’uscita da gallerie o sui binari fiancheggiati da alberi ad alto fusto. Insomma, uscii più istruito, dall’abitazione di Trionfini, un uomo cortese, ospitale, disponibile. Non ricordo se il suo nome figurasse nel Brogliaccio di Vito Arienti di Lissone, che dedicò una vita al collezionismo, ma di tarocchi storici (aveva oltre 10 mila mazzi), campo nel quale era davvero un’autorità. Non mi sono mai chiesto da che cosa derivi questa passione per i treni, quelli che viaggiano su rotaie vere, passano sotto gallerie vere, attraversano scambi veri,e quelliche fanno sempre lo stesso percorso, cambiando direzione tramite gli scambi decisi dall’ingegno dell’autore del plastico; e non se lo chiese neppure Alberini, che sui treni e sui collezionisti e sui riproduttori si itinerari, paesaggi e quant’altro aveva tanto, ma proprio da dire. Sarà la volontà nascosta di correre a conoscere nuove città, nuovi uomini, nuovi mondi, nuovi costumi; o di provare quella sensazione che lo stesso viaggio su rotaie reali ti fa provare, il rumore delle ruote che sferragliano, il fischio della macchina mentre sta per arrivare allo scalo: tutte cose create ad arte nei plastici, addirittura la voce dell’altoparlante che annuncia arrivi e partenze. Sarà tutto quello si vuole, forse anche un impulso che proviene dal subconscio, personalmente adoro il treno e basta. Con ansia andai un’ora prima allo scalo di Martina, il primo agosto del 2015,ad spettare il Salento Express” per i turisti e scrivere un articol, intitolato Un treno chiamato jazz”, su “Minerva news”. E vorrei, ma non ne sono capace, fare un plastico grande quanto una stanza con quattro, cinque convogli che si muovono contemporaneamente. Di quello, elementare, che feci nel ’70 per mio figlio Gianluca che aveva tre anni e quando vedeva un treno vero agitava le mani egli brillavano gli occhi mi rimane una foto sbiaditae tutti gli elementi. Feci un altro plastico rudimentale per un mio nipote che in campagna si annoiava; un altro ancora per un mio figlioccio, che oggi ha più di vent’anni elo nella sua stanza e non permette a nessuno di toccarlo. Ma questi plastici non hanno niente a che fare con quelli che vedo su Facebook, “firmati” da autentici artisti del ferromodellismo. Per concludere, una confessione: quei plasticili feci forse per me, per esaudire un mio desiderio. Ho l’impressione che cresciamo, lavoriamo, accumuliamo esperienze, ma rimaniamo sempre marmocchi.





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