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mercoledì 1 marzo 2023

E’ scomparso Franco Punzi

UOMO ESEMPLARE, CORDIALE, UMANO 

PORTO’ IL FESTIVAL AI MASSIMI LIVELLI

 

                  Foto di Cataldo Albano
Punzi e Sergio Escobar


 

 


Sgomento a Martina e, in tutta la Puglia.

Già presidente del “Valle d’Itria”, poi al vertice della Fondazione “Paolo Grassi”, stimato ovunque per l’impegno, lo zelo, la passione, la competenza, che spinsero sempre la sua attività.
 
Punzi era anche un grande comunicatore e fece del Festival un evento mondiale.
 
Una grande perdita per la cultura.
 

Franco Presicci

Quando il 10 gennaio 2006, per impulso del professor Francesco Lenoci, nella sala Montanelli del Circolo della Stampa, a Milano, furono festeggiati i 700 anni della città di Martina Franca, Dino Abbascià era in Kenya. 

Punzi e Lenoci
Quando seppe dell’iniziativa del docente universitario, che si fece in quattro per dare al compleanno la massina partecipazione e solennità, il grande imprenditore ortofrutticolo salì sul primo aereo e rientrò in Italia. L’amore per la terra di Paolo Grassi anche in Abbascià era forte, almeno quanto quella per la sua Bisceglie. Non c’era occasione che non lo stimolasse a venire in Puglia. Martina lo attirava, seduceva e incantava. A spingerlo era anche l’amicizia per Franco Punzi e la stima per il ruolo che rappresentava nel Festival della Valle d’Itria e per l’impegno, la passione che impiegava per renderlo sempre più importante, sempre più seguito, sempre più apprezzato ovunque.

 

Punzi al Circolo della Stampa di Milano

 Chi è stato vicino a Punzi in tutti questi anni lo sapeva, come lo sapeva Mario Rossano, che ad ogni edizione della sagra arrivava tempo prima in piazza Roma con tutta la sua “troupe” della televisione barese e realizzava quotidianamente servizi esaltanti. Nel luglio del ’99 pubblicò anche un libro: ”Miracolo a Martina: i venticinque anni del Festival della Valle d‘Itria”, chiedendosi già nelle prime pagine: “Come fa questo Festival a sopravvivere a se stesso, ogni anno rigenerato, ogni anno più vivo e interessante?”. Viveva grazie a uomini che sapevano tenere il timone del veliero; alla loro volontà, ai loro sforzi, alla loro abilità, alla loro saggezza; alla collaborazione costante di tutto lo “staff”, ripeteva Punzi, schivo a presentarsi come colui che da solo azionava il motore che si muoveva bene oleato, superando le difficoltà, i problemi che ogni anno si imponevano. Comunque lui era in plancia. E il festival cresceva, si arricchiva, si diffondeva sempre di più, acclamato dappertutto, “grazie alla fiducia accordata a Rodolfo Celletti – aggiungeva Rossano - e alla capacità che ha Franco Punzi di far maturare attorno al Centro artistico alcune personalità di giovani a divenire quadri dirigenti della manifestazione…” Ai giovani Punzi dedicava tantissima attenzione: a quelli che già calcavano il palcoscenico e a quelli che si preparavano con tenacia a conquistarlo.

Punzi a Milano

Ogni anno ne parlava a Milano, nel corso dell’illustrazione del cartellone, di fronte al pubblico, sempre numeroso e attento, interessato; e ai critici consacrati, che poi scendevano a Martina da ogni parte per assistere alle opere in programma, mai rappresentate ai giorni nostri. Nel capoluogo lombardo, Franco Punzi era molto conosciuto e accolto come un principe. La sala a destra del cortile del Piccolo Teatro, che si apre dopo l’ingresso, il giorno della presentazione, era sempre zeppa di giornalisti, melomani, musicisti, cantanti anche celebri, fotografi, curiosi. Tutti ascoltavano Punzi che parlava a braccio per primo e con parole semplici, scorrevoli, sentite, spontanee, che descrivevano il Festival, le sue varie epoche, da Celletti a Segalini, da Triola a Schwarz, le opere che dovevano andare in scena a Palazzo Ducale o in altre ribalte della Puglia; elogiava quelli che agivano dietro le quinte, passando poi a parlare di Martina, una città incantevole, la città del belcanto, della luce, dell’ospitalità, delle case incappucciate, della terra rossa. 

 

Punzi ed Escobar
“Il fascino del Festival si lega al binomio musica-ambiente. Un poeta si cimenterebbe sulla misteriosa sintonia tra pietre e note; sinfonie e slarghi improvvisi fra pareti calcinate, musica lieve aerea e fughe di panciuti balconi affacciati a curiosare fra gente che faceva lo struscio…” (ancora parole di Rossano); balconi grondanti di fiori, altane come giardini pensili (n.d.a.). Lo rileggo, il giornalista Mario Rossano, che fu amico di Punzi e del pittore Filippo Alto, barese come lui e come lui infuocato di Puglia.
 
Punzi nel cortile del Piccolo

Ogni anno avevo il piacere e l’onore di ricevere una telefonata da Franco Punzi: “Vieni al ‘Piccolo’ per il Festival?”, mi domandava dopo il saluto. Un privilegio, ricevere l’invito personalmente da lui. E poi mi domandava: “Lenoci viene? E Abbascià?. E gli amici dell’Associazione regionale pugliesi?”. “Vengono, tranquillo”. Quando si trattava di Martina, Abbascià afferrava il volante e partiva. Spiccò sotto il portico della campagna di Antonio Marangi in occasione di una festa del grande “chef”, famoso anche per aver cucinato addirittura per capi di Stato, per Kissinger e diverse per celebrità dello spettacolo. Incrociai il biscegliese di Milano, allora psicopompo dell’Airp, in una cerimonia allestita da don Franco Semeraro nella Basilica di San Martino, dove si era trascinato dietro buona parte del sodalizio pugliese della terra del Porta e di Meneghin e Cecca. Martina era bella anche per Pierluigi Pizzi, che in un’intervista per “Il Giorno”, qualche mese prima della sua regia di “Medea” alla Scala, mi confidò che lui quando era in quest’oasi di dolcezza camminava con il naso all’insù per scoprire le architetture descritte da Cesare Brandi. Era bella per Carlo Castellaneta. “I trulli con le cupole di zucchero; gli ulivi dallo zoccolo possente, muretti a secco e un vibrare di cicale ci accolsero come preludio”. La Martina che Franco Punzi osannava a Milano, anche quando gli ospiti si accalcavano attorno al tavolo del “buffet”, con vassoi di capocollo e mozzarelle, taralli e altre delizie. 

Escobar, Punzi, Tria

“Sergio, ti aspettiamo a Martina”, incalzava il suo amico Escobar, direttore del Piccolo Teatro. Quando arrivavo a Martina per le vacanze tra amici schietti ed affezionati, andavo sempre nell’ufficio di Franco per brevi conversazioni. Brevi non perchè lui mi licenziasse dopo poche battute per essere ingolfato di carte da evadere o assillato dalle telefonate. Ero io che temevo di rubargli tempo prezioso. Franco Punzi era di una gentilezza squisita, unica. Ricordo il giorno in cui un giornalista che si occupava di auto voleva stabilire un aggancio pubblicitario tra cilindrate e Festival. Gli rispose di no con determinatezza ma con eleganza, e all’insistenza urticante dell’interlocutore continuò a dire di no con pazienza e stile. Una sera assistevo in piedi all’opera (non ricordo quale), lui se ne accorse e andò a prendermi personalmente una sedia da un ufficio. Era premuroso con tutti. 

Intervento di Punzi al Piccolo di Milano
Lo era stato da sindaco e lo era da presidente del Festival e poi della Fondazione “Paolo Grassi”. Franco Punzi era con tutte le sue forze sostenitore del Festival della Valle d'Itria; forse non dormiva la notte per il pensiero del Festival che veleggiava tra problemi da risolvere subito, con diligenza ed esperienza. Era l’anima del Festival, Punzi, il pilastro. Negli ultimi anni aveva riversato tutto se stesso sul Festival, abituato com’era a infondere le sue energie, la sua intelligenza nei compiti che svolgeva, felice d’impregnare di musica le estati della sua Martina, della sua adorata Martina. Una figura altissima, quella di Franco Punzi, che ha stimolato e sostenuto la cultura musicale non solo nella sua città, che un anno fu teatro di “Giochi senza frontiere”. Grazie anche alla sua attività il Festival ha superato i nostri confini e ha sviluppato il suo prestigio nel mondo. Neppure Alessandro Caroli, gentiluomo coltissimo e autore di libri pregevoli, se lo sarebbe forse aspettato.
Punzi premia Escobar
Fu lui ad avere l’idea del Festival e a costruirne le basi. Se non ricordo male, nel libro “Musica in Valle d’Itria - Come nasce un grande Festival” (all’epoca presentato da Giuseppe Giacovazzo), in cui riassume la storia del “Valle d’Itria”, rinverdisce un episodio toccante: affacciato con la mamma al parapetto che fa spaziare lo sguardo sulla valle benedetta da Dio, lei gli disse: “Devi creare una cosa bella come questa”. Che cosa c’è di più bello della musica? La musica: universale, coinvolgente. Era il ’75. Punzi, sindaco, lo affiancò. Punzi dunque è stato per tantissimi anni in plancia con ardore e coraggio (quarantadue anni per la precisione), ottenendo numerosi riconoscimenti, fra cui la medaglia d’oro del Presidente della Repubblica come benemerito dell’arte e della cultura; la nomina a commendatore al merito della Repubblica italiana; il premio Asterisco, nel 2003, assegnato dall’omonima Associazione ai concittadini che hanno fatto onore alla città oltre le sue porte, il Sigillo Martiniano… Punzi ha avuto molte virtù. E le ha sempre dimostrate, tanto che Paolo Grassi - fondatore con Giorgio Strehler del Piccolo Teatro di Milano, sovrintendente della Scala e poi della Rai, - lo sostenne, incoraggiandolo.
 
Franco Punzi
Punzi divenne presidente di Italiafestival, di Telemusica, dell’Associazione italiana dei consigli comunali e regionali d’Europa... Grande mediatore e comunicatore, era nato il 4 aprile del 1935: era quindi sulla soglia dei 90 anni, vissuti con la musica nel cuore. Caro Franco Punzi. “Ti assicuro, verrò al Festival. E verrò a salutarti”. Le ultime volte ci andai sorretto dal bastone. In un’occasione a piedi per due chilometri dalla stazione Nord a via Rovello, perché era iniziato lo sciopero dei tram. Non gli importava che si parlasse di lui. Gioiva senza darlo a vedere quando leggeva sul “Corriere della Sera” gli articoli di Paolo Isotta, critico musicale, musicologo, scrittore, docente universitario; e anche quelli di Anita Preti sul “Quotidiano” di Lecce. Grande, Franco. Se qualcuno seminava zizania, e c’è sempre chi ha tempo da perdere, lui fingeva di non avvedersene. Nel 2009 morì la moglie, Giuseppina Camassa, che curava la sartoria del Festival e lo accompagnava a Milano quando vi si doveva presentare il cartellone del Festival. Per lui fu il crollo. Si sentiva solo. Struggente dolore tornare a casa e trovare soltanto il silenzio. Grande, Franco. Profonde la sua umanità e la sua perspicacia. Forte il suo attaccamento alla magica Martina, alla città dall’aria riposante, dalle viti nane (Raffaele Carrieri) e le case a cono di gelato; dal borgo antico come teatro, con quinte e fondali; vicoli che s’intersecano, ’’’nchiostre” come oasi di pace, trilli di bimbi, voci di donne che manovrano i ferri per fare maglie con la svltezza di un pianista. “Non voglio commemorazioni. Ricordatemi per quello che ho fatto”: le sue ultime parole. Le parole di un uomo esemplare. Che ha creduto nei giovani, che hanno trovato nel Festival un trampolino di lancio. Gli diranno grazie?






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